lunedì 15 marzo 2010

U.S. Supreme Court – il racconto


Cercherò di essere dettagliata ma non troppo lunga. Probabilmente fallirò il secondo obiettivo. :-)

Tutto ha inizio il pomeriggio di martedì 2 marzo quando, ospite nella macchina di Svetlana, ho raggiunto Carlisle. Lì si trova l'altra Law School e lì abita il Professor Del Duca che aveva invitato tutti i partecipanti alla visita a cena a casa sua. Il tempo piovoso non ci ha consentito di visitare il paese prima di cena e per essere onesti nessuno di noi sembrava troppo dispiaciuto... Carlisle non è esattamente un'affascinante metropoli!

Dall'hotel ci siamo quindi diretti subito a casa Del Duca. Dallo stile tipicamente americano (portico frontale, immenso giardino sul retro, grandi vetrate), la casa era davvero accogliente. Mrs. Del Duca aveva preparato due tavoli, uno in prossimità del salotto, l'altro in cucina. Prima di sederci però abbiamo brindato con un bicchiere di vino e mangiato verdure crude da inzuppare in una salsa bianca non meglio definita.

In meno di un'ora abbiamo cenato...il concetto di fast food non è limitato a McDonald's! Con la cena sulla stomaco, se non ancora sulla forchetta, ci siamo spostati in salotto dove ci è stato servito un piattino di frutta mista e un fascicolo relativo al caso che avremmo visto discutere il giorno seguente e al sistema delle corti in America, Italia, Germania e Austria. Nuovamente il Professore ha chiesto a me e Caroline (tedesca) di parlare dei nostri Paesi. Ormai so esattamente che domande mi farà e che risposte dare! :-)

Finita la sessione di lavori è stato il momento di tornare in hotel...l'indomani ci aspettava una giornata importante! Alle 10.30 ero a letto, decisamente presto per i miei standard. Infatti non ero stanca ma mi sono forzata a dormire visto che la sveglia il giorno seguente era puntata prima dell'alba. Peccato però che a mezzanotte poco più mi sono svegliata e dopo non c'è stato più verso di chiudere occhio. L'emozione? No. La cena piuttosto...veloce, pesante (nonostante le verdurine crude in apertura) e difficile da digerire senza una camminata di qualche km...

Alle 4.30 la sveglia ci ha avvertite che era il momento di prepararsi al gran giorno. Doccia veloce e business suit. Adoro come gli americani siano attenti al dress code (pur non sapendo vestirsi). Si va dall'abbigliamento sportivo a quello informale, dal business casual al business formal e così via fino al vestito da sera...Per la Corte era richiesto il business formal che è l'abbigliamento più serio possibile per un'occasione di lavoro. Non ci poteva esser occasione migliore per rispolverare il mio completo della laurea! A parte qualche dettaglio ero proprio vestita come quel giorno. Ormai quel vestito è destinato a rimanere con me per sempre, in ricordo di giornate bellissime.

Alle 5.40 siamo scese nella hall per una colazione veloce (io in realtà avevo ancora la lotta tra pollo e pasta in corso per cui mi sono limitata a tanta caffeina...) e alle 6 eravamo sul bus in partenza per DC.

Il traffico per raggiungere la capitale della Nazione era veramente impressionante, però ci ha consentito di osservare il paesaggio intorno a noi e di buttare un occhio da lontano al campus della Georgetown University. I dintorni di DC sono davvero belli, tanti alberi e casette deliziose...però pensare di dover passare le ore in fila per raggiungere la città ti fa sembrare quella realtà meno attraente.

Entrati in città il traffico si è, se possibile, intensificato. Siamo lentamente sfilati accanto ai monumenti principali e alla fine siamo riusciti a raggiungere i piedi della collina dove si trovano la Corte ed il Congresso. Dopo gli attacchi terroristici del 2001 agli autobus non è più consentito di sostare davanti alla Corte, così abbiamo dovuto “scalare” Capitol Hill di corsa per raggiungere la nostra meta. Non ci rimaneva molto tempo prima dell'inizio dell'udienza.

Davanti alla Corte c'era una lunga fila, le udienze sono pubbliche e viene letteralmente usato il sistema del “chi primo arriva meglio alloggia”. Non so da quanto tempo fossero lì ad attendere tutte quelle persone, ma di sicuro è stato molto imbarazzante passare davanti a tutti e dirigersi verso la guardia per chiedere di annunciarci all'interno. Tramite la scuola ci eravamo potuti prenotare e questo ci ha consentito di salire i gradini di marmo bianco lasciando dietro di noi il “general audience” in attesa di entrare...In quel momento l'imbarazzo ha, in tutta onestà, lasciato spazio ad un certo compiacimento. :-D

Superati tutti i controlli e depositate giacche e borse negli armadietti siamo stati fatti accomodare in una delle file sul fondo della sala, ma centrale per cui è stato possibile vedere tutto quello che accadeva sul davanti senza problemi. Prima dell'inizio dell'udienza una delle guardie ha fatto un annuncio, relativo a cosa dovevamo o non dovevamo fare, e poi tutte le guardie allo stesso momento hanno fatto un segno secco con le braccia per farci capire di alzarsi. In quel momento le tende color porpora si sono spalancate come un sipario e i nove giudici sono entrati. Il Chief Justice al centro e gli altri ai suoi lati in base alla loro anzianità di servizio.

Più che il caso discusso quello che mi ha interessato è stato osservare il modo in cui l'udienza si è svolta. Una delle cose che ho letto più volte nei libri, ma che poter osservare dal vivo non ha prezzo! Ogni avvocato ha a disposizione mezz'ora per esporre le proprie ragioni, ma è una pratica consolidata quella dei giudici di sottoporre l'avvocato ad una raffica di domande. Tanto che il primo avvocato non ha avuto neppure il tempo di concludere la sua frase di apertura. Come ci ha confermato poi Justice Scalia, i giudici (beh, siamo onesti...i law clerks!) hanno già letto i documenti che sono stati inoltrati alla Corte, non c'è bisogno che l'avvocato li reciti di nuovo. Ciò che conta è che siano date risposte convincenti alle domande. E' stato interessante percepire la diversa sicurezza nella voce degli avvocati mentre rispondevano. Nessuno dei tre era un pivellino, eppure il loro atteggiamento ha denotato una diversa capacità di sostenere le domande. Ennesima dimostrazione che certe volte, e soprattutto per chi nella vita lavora con le parole come un avvocato o un politico, non è importante solo quello che si dice ma anche come lo si dice. Sembrare sicuri delle proprie argomentazioni è la chiave per vendere tali argomentazioni.

Altra cosa interessante da osservare durante l'udienza è stata la postura dei giudici. C'è stato chi si è praticamente disteso sulla poltrona, chi ha preferito distendersi sul banco, chi ha fatto un pisolino e chi ha fissato l'avvocato per tutto il tempo. La personalità dei giudici (o la veneranda età di alcuni) emerge chiaramente in certi momenti.

Finita l'udienza ci siamo dovuti alzare e recuperare le nostre cose. Avendo appuntamento con Justice Scalia, una delle guardie ci ha accompagnati nella stanza solitamente utilizzata dagli avvocati e infatti siamo entrati mentre quelli che avevamo appena visto discutere uscivano. Di lì a pochi minuti Justice Scalia ci ha raggiunti. Che emozione! Ero in prima fila seduta faccia a faccia con un giudice della Corte. E che giudice! Probabilmente non il più simpatico, delle sue opinions di solito condivido poco o nulla, ma la sua personalità è decisamente interessante. Il Professore ci ha sommariamente presentati e poi si è soffermato per dire che c'era anche una persona italiana, di Firenze. In effetti anche a scuola mi avevano consigliato, al momento di fargli la mia domanda, di sottolineare che ero italiana, così forse lo “ammorbidivo” nella risposta facendo leva sulle sue origini. :-D

Di fatto questo mi ha reso l'obiettivo dei suoi sguardi sarcastici quando si riferiva all'Europa, alle nostre corti, e al nostro diritto alla privacy (chiaro riferimento al caso Google e alla condanna pronunciata da un giudice italiano). Ovviamente nessuno dei suddetti riferimenti è stato particolarmente gentile. :-) Ma non importa, ho sfoderato uno dei miei sorrisi migliori ed ho ascoltato quello che aveva da dire sul mio continente.

Alzarsi per fargli la mia domanda non è stato semplice. Mi tremavano le gambe e avevo paura di fare casino con l'inglese, nonostante fossero giorni che provavo mentalmente il discorso da fare. Ovviamente, alla fine ho improvvisato. Più o meno come sempre nelle occasioni importanti. Mi preparo e poi mi affido all'istinto. Forse non dovrei, da qualche parte ho letto che alle donne l'istinto non ha mai portato nulla di buono...sarà...ma con me finora ha funzionato.

Cosa gli ho chiesto e cosa mi ha risposto?

Mi dispiace, questo il mio blog non lo rivelerà! Intendiamoci, non mi ha detto nulla di segreto...ma ci tengo molto alla domanda che gli ho fatto e mi godo il privilegio di aver potuto (insieme a pochi altri) ascoltare la sua risposta!

:-)

L'incontro con Scalia è durato meno di mezz'ora, credo. In realtà ho un po' perso la cognizione del tempo mentre ero lì. Ho sperato fino all'ultimo che il giudice fosse particolarmente di buon umore, tanto da concederci una foto ricordo. Ma non si può chiedere troppo. E così niente foto da mostrare ai posteri...uff...

Dopo Scalia è arrivato il reporter della Corte, colui che si occupa dell'editing delle sentenze. A svolgere questo compito è da diversi anni un ex alunno della Penn State. Motivo di vanto per la scuola.

Dopo aver imparato in cosa consiste il lavoro del reporter siamo scesi alla caffetteria della Corte, dove per 8 dollari ho mangiato veramente male! Il mio pranzo in effetti è finito in fretta...nella spazzatura! (E mi dispiace lo so che non si spreca il cibo!) Questo mi ha lasciato molto tempo per girellare nel gift shop, dove ho comprato libri, una matita con il logo della Corte (lo so...niente commenti...) e delle foto da mettere, prima o poi, da qualche parte su una libreria...

La nostra gita a Washington non prevedeva tempi morti. Finito il pranzo era già ora di dirigerci alla biblioteca del Congresso, dove ci aspettava una signora per spiegarci quanto quella biblioteca fosse importante e migliore rispetto alle biblioteche nazionali di cui si sono dotati gli altri Paesi.

Finito anche l'incontro alla biblioteca via di corsa e sotto l'acqua al pullman. L'obiettivo era quello di partire prima che tutti gli uffici di Washington chiudessero e il traffico diventasse un inferno. Peccato però che questo non ci abbia permesso di visitare affatto la città!

In effetti la voglia di tornare a visitare DC è tanta...chissà che prima di rientrare in Italia non ci scappi un weekend da Obama.



ps. come anticipato esiste una versione ancora più lunga del racconto...se a qualcuno interessasse...magari come lettura per conciliare il sonno!

:-D






4 commenti:

  1. Ma chi l'ha detto che l'istinto delle donne non porta mai niente di buono??
    Sicuramente è qualcuno che che non ha ancora capito noi donne!!!!
    Che dire del racconto?Si legge bene,non annoia e leggerei volentieri anche la versione lunga,percio' se vuoi inviamela per mail.Rende bene l'idea dell'importanza che ha avuto per te questa visita e l'incontro con Justice Scalia,l'emozione e la gioia provata si legge tra le righe.
    Pero'...non puoi mica lasciarci così, all'oscuro del vostro colloquio!!

    RispondiElimina
  2. tre cose:

    1) ce lo dirai a noi che cosa gli hai chiesto, vero?

    2) complimenti sinceri per l'acquisto del lapis
    3) anch'io il mio peggior pranzo della storia l'ho fatto in un posto insospettabile ovvero in un bar in Vaticano!!
    Baciotti
    da una quadridenti

    RispondiElimina
  3. Cara Dani,

    1) a voce sicuramente ne parleremo!
    2) grazie, grazie! :-)
    3) non è tutto oro quello che luccica! :-D

    RispondiElimina
  4. scusa il ritardo nel rispondere a queste tue belle storie, sono d'accordo con la tua mammma , quando noi donne diamo ragione all'istinto non si pentiamo mai e le consequenze sono quasi sempre positive. Comunque ai dettagli passeremo in altro momento quando tu vorrai,anch'io sono molto curiosa.... rose

    RispondiElimina